Infiltrazioni dalla terrazza/giardino di proprietà esclusiva: non sempre paga anche il Condominio
Tribunale di Roma n. 25677 del 24 dicembre 2015
Categoria: Condominio
Avv. Nicolò Marella
Con la sentenza del 24 dicembre scorso il Tribunale romano ribadisce l'orientamento di merito degli ultimi anni e ritiene non applicabile nella fattispecie la ripartizione di spesa dell'art. 1126 c.c., condannando così il solo condomino proprietario del giardino di copertura di vari box interessati dal fenomeno infiltrativo ai sensi dell'art. 2051 c.c., e non anche il Condominio, in quanto la causa della dannosità della struttura dipendeva da fatti imputabili al solo condomino proprietario esclusivo.
Viene dunque superato, nel caso di specie, il generale principio dell'art. 1126 c.c. secondo il quale, quando il lastrico copre una pluralità di immobili facenti parte di un edificio condominiale, pur appartenendo ad un solo condomino, all'obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo, e dei danni cagionati all'appartamento sottostante per le infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati, inadempienti alla funzione di conservazione (Cass. n. 18164 del 2014).
Si legge nella sentenza che la responsabilità ex art. 2051 c.c., come responsabilità da custodia delle res dannose, sussiste a titolo oggettivo per il solo fatto del nesso di causalità tra res custodita e danni determinatisi (cfr. Cass. n. 2660 del 2013), salvo prova del fortuito, che deve costituire un fattore estraneo alla sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità (cfr. Cass. n. 20619 del 2014).
Per altro verso, va ricordato che la posizione di custodia postula la titolarità di un effettivo potere su una res, inteso come disponibilità materiale e giuridica della stessa (cfr. Cass. n. 15096 del 2013, Cass. n. 1948 del 2003), e deve dunque ritenersi, per converso, che la ricorrenza di tale potere implica la posizione di custodia; ciò tenuto anche conto che quest'ultima rileva - ai fini della responsabilità ex art. 2051 c.c. - in quanto il soggetto che si trova in relazione di custodia con la res versa nelle condizioni di poter controllare i rischi inerenti alla cosa stessa (cfr. Cass n. 24330 del 2009).
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