Annullamento in autotutela? Va sempre motivato e non è sufficiente il ripristino della legalità violata
Consiglio di Stato, Sez. IV, 18.06.2019 n. 4133
Categoria: Diritto amministrativo
Nel rigettare l'appello proposto da un Comune avverso la sentenza del T.A.R. Puglia con il quale era stato accolto il ricorso di un cittadino (vistosi annullare il condono edilizio), il Consiglio di Stato ha ribadito i presupposti per l'annullamento in autotutela.
I principi in materia di autotutela si fondano sulla valutazione dell’attualità e la rilevanza dell’interesse pubblico all’eliminazione del provvedimento di sanatoria rilasciato.
Va infatti ricordato che la disciplina dell’autotutela di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, non consente di non motivare puntualmente in ordine allo stesso interesse pubblico, anche evidenziando all’interessato gli elementi che spingono all’adozione dell’atto di ritiro (circostanza non avvenuta nel caso di specie – cfr. Cons. Stato, sez.IV, 4 marzo 2014, n. 1018).
Sul punto, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 17 ottobre 2017, n. 8) ha infatti escluso che sussista ex se l'interesse pubblico al ripristino, mediante l’esercizio del potere di autotutela, della legalità violata per effetto del rilascio di un titolo edilizio illegittimo, dovendo al contrario sempre essere espressamente circostanziato.
Nell’applicazione di tali principi, è stato quindi rilevato da questa Sezione che i "presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio dei titoli edilizi sono costituiti dall'originaria illegittimità del provvedimento, dall'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari; l'esercizio del potere di autotutela è dunque espressione di una rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l'Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti e l'ambito di motivazione esigibile è integrato dall'allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell'interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonchè dall'eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l'Amministrazione" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 marzo 2018, n. 1991).
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